Alzheimer, se il tango aiuta a stimolare corpo e mente

Il progetto Olitango: ballare può essere una terapia

Prima a Ravenna e poi a Bologna è stato avviato un progetto sperimentale, progetto Olitango, dedicato alle persone con demenza e patologie neurodegenerative.

Secondo le due associazioni ideatrici dell’iniziativa, Olitango e Arad Onlus (l’Associazione di ricerca e assistenza delle demenze) ballare può essere una terapia per chi soffre di patologie quali il Parkinson, l’Alzheimer, esiti di ictus e sclerosi multipla. 

anziani consigli badanti

l progetto viene realizzato con il supporto di una rete di partner che comprende Ausl di Bologna, Asp Città di Bologna, Auser Volontariato Bologna, Aics Comitato provinciale di Bologna, Croce rossa italiana Comitato provinciale di Bologna, Profutura, Quartiere Savena di Bologna, Circolo Arci Benassi, Associazione Meg, Associazione Riabilitango di Milano e associazione Ama di Ferrara.

I partner dei partecipanti saranno i loro caregiver, parenti, amici o badanti, che saranno di loro supporto per tutta la durata del progetto.

Una terapia a suon di musica

Ma perché proprio il tango? “La tangoterapia è nata nel 2008 in Argentina ed è già stata adottata con successo come terapia per il morbo di Parkinson, mentre per l’Alzheimer è stata sperimentata per ora solo con singoli pazienti, raramente su gruppi di persone.”

Secondo Maria Calzolari di Olitango, il tango è una danza che prevede molti passi e movimenti che possono stimolare chi soffre di Alzheimer a recuperare alcune capacità motorie fondamentali come l’equilibrio, l’allungamento, la postura e la coordinazione. Non tutti i passi del tango rientrano nella terapia, solo una selezione, che sono risultati utili nel processo di riabilitazione. Durante questa terapia “alternativa” viene curato anche l’aspetto dei rapporti interpersonali e la crescita personale e sociale.

L’associazione Arad Onlus avrà anche il compito di monitorare le reazioni e i progressi dei partecipanti, testandone le situazioni di benessere o depressione all’inizio e alla fine del percorso e dopo ogni incontro, con la presenza di una psicologa e con l’aiuto dei volontari che lavorano per l’associazione.

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